L’oftalmoscopia binoculare indiretta consente di apprezzare le caratteristiche del tumore, la presenza di alterazioni a carico delle strutture adiacenti eventualmente associate e consente allo specialista particolarmente addestrato ed esperto in oncologia oculare di giungere alla diagnosi di malignità nel 95% dei casi. È tuttavia, necessario, eseguire in ogni caso un’ecografia oculare con tecnica A-B scan, al fine di determinare la natura del tumore, definirne le esatte dimensioni, valutarne il trattamento più appropriato. La fluorangiografia, al contrario, non fornisce dati dirimenti ai fini diagnostici, anche se resta essenziale nella diagnosi differenziale con l’emorragia sottoretinica e, insieme, con l’angiografia al verde di indocianina, può fornire utili indicazioni per differenziare il melanoma amelanotico da lesioni benigne ad alta vascolarizzazione (come l’emangioma della coroide). Il nevo della coroide, l’ipertrofia dell’EPR, le emorragie sottoretiniche, le metastasi coroideali, l’emangioma, l’osteoma ed il melanocitoma della coroide sono le condizioni di più frequente riscontro che devono essere differenziate dal melanoma coroideale. A tal fine è sufficiente eseguire un esame clinico, ecografico ed, eventualmente, angiografico.
Qual è la terapia? Oggi un trattamento di tipo conservativo è indicato nella maggior parte dei melanomi: in genere non è necessario asportare chirurgicamente l’occhio. I piccoli melanomi pigmentati possono essere trattati con la termoterapia transpupillare (TTT), metodica di recente introduzione che – attraverso un laser a diodi – determina un aumento di temperatura entro il tumore, provocandone la morte (necrosi non coagulativa). Questa tecnica può essere impiegata anche per melanomi di maggiori dimensioni o localizzati in sede juxtapapillare qualora venga associata alla radioterapia con placche episclerali (terapia sandwich). La radioterapia con placche radioattive (brachiterapia) rappresenta attualmente il trattamento radiante più diffusamente utilizzato. La placca, precedentemente caricata con iodio 125 o rutenio 106, viene messa a contatto col bulbo oculare: le sue emissioni possono ‘uccidere’ il tumore (viene suturata alla sclera in corrispondenza della base del tumore e lasciata in sede per il tempo necessario all’emissione della dose richiesta, in genere 4-7 giorni).
Cosa si può fare con questa tecnica?
a) Possono essere trattati i melanomi ovunque localizzati e di spessore non superiore ai 9 mm per lo iodio ed ai 5 mm per il rutenio (che salgono a 12,5 mm e 8,5 mm rispettivamente se associate a termoterapia).
b) Esiste una tecnica di radioterapia ancora più potente, che sfrutta protoni accelerati per colpire le cellule tumorali: fa effetto fino a 14 mm di profondità (clicca qui per approfondire l’adroterapia). Tale metodica, pertanto, risulta particolarmente indicata in pazienti monocoli con tumori di spessore superiore a quello consentito per il trattamento con brachiterapia o con terapia sandwich.
c) La resezione chirurgica del melanoma della coroide tramite resezione transclerale, infine, può essere impiegata per tumori di qualsiasi spessore con un diametro basale inferiore ai 15 mm, il cui margine posteriore disti almeno 4 mm dalla fovea e 3 mm dal disco ottico.
Anche nei casi in cui le dimensioni della lesione, l’estensione extrasclerale, l’associazione a glaucoma secondario impongano un intervento demolitivo (enucleazione del bulbo oculare), le tecniche operatorie e i materiali oggi disponibili consentono di ripristinare un aspetto estetico assolutamente soddisfacente, con evidente beneficio psicologico. Un’adeguata programmazione dei controlli oftalmoscopici ed ecografici dopo il trattamento, con cadenza semestrale nei primi cinque anni e annuale nel periodo successivo, è parte integrante del programma terapeutico.
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